giovedì 28 febbraio 2013

ESPOSIZIONE

Dovete per prima cosa sapere esattamente quello che volete ottenere da una scena: cosa ha catturato il vostro sguardo, cosa vi affascina, cosa si intende comunicare; inoltre dovete visualizzare nella vostra mente la luminosità dell’immagine e come deve essere distribuita nel fotogramma.
Dovete poi analizzare la scena, pensare a quello che si ha davanti prima di lasciare carta bianca all’esposimetro della fotocamera; la maggior parte dei problemi si verificano perché la gamma dinamica della scena è più alta di quella del sensore.
Stabilite poi quali sono i soggetti o il soggetto principale e il loro grado di luminosità. In un ritratto, solitamente il soggetto principale è il viso, ma la scelta, in definitiva, spetta a voi. Bisogna poi distinguere tra i diversi tipi di pelle, il tono chiave può rappresentare solo una parte del soggetto principale o in determinate situazioni può trovarsi in un’altra area della scena come lo sfondo.
Se si verifica una situazione di conflitto potete decidere se cambiare la luce o la composizione oppure se accettare un’esposizione di compromesso, facendo affidamento sulle tecniche di post-produzione, o entrambe le cose. Per esempio se il soggetto di un ritratto è in controluce e per ottenere la giusta esposizione del viso rischiate di bruciare le altre luci sullo sfondo, potreste riempire le ombre in primo piano oppure accettare uno sfondo bruciato o cambiare la composizione. Oppure, se nella scena appare un piccolo spot molto luminoso che non apporta nulla allo scatto, potreste ripetere l’inquadratura per escluderlo dal fotogramma. Un’esposizione di compromesso significa accettare ombre troppo scure o alte luci sovraesposte, che possono comunque essere accettabili, a seconda dell’effetto che si vuole ottenere. La terza alternativa, che talvolta può combinarsi con un’esposizione di compromesso, è affidarsi alle tecniche speciali di post-produzione, come la fusione delle esposizioni o persino l’HDR ( gamma dinamica elevata) che, a sua volta, potrebbe richiedere esposizione multiple da fondere digitalmente.
Potete usare uno dei metodi esposi metrici per misurare e impostare i toni chiave, come la lettura spot che vi permette di misurare una determinata area. Oppure potete decidere, sulla base dell’esperienza, quanta luce, in più o in meno, volete far entrare nel sensore rispetto alla lettura dell’esposimetro e regolarne di conseguenza il valore, solitamente per mezzo del pulsante di comprensione dell’esposizione.
Guardate poi l’immagine sullo schermo della fotocamera, regolare l’esposizione e se necessario effettuare un nuovo scatto. Dipende tutto dalla situazione in cui vi trovate: se l’azione è veloce e continua o imprevedibile, non è una buona idea controllare lo schermo mentre se si è di fronte ad un paesaggio e avete tempo a disposizione, potete controllare attentamente le immagini e provare scatti diversi.

IL FLUSSO DECISIONALE

Nella fotografia digitale sono tre le aree coinvolte nell’esposizione: la tecnica, lo stile e la post-produzione. La tecnica è l’abitudine di scattare nel formato raw, ciò permette poi di rivedere l’esposizione. Le decisioni esposimetriche sono influenzate dalle moderne tecniche del fotoritocco, che consentono di scattare anche con un’impostazione che altrimenti non avremmo neanche preso in considerazione.
Come prima cosa, ci si deve accertare che tutte le impostazioni e i metodi di misurazione della fotocamera siano impostati correttamente, in base all’illuminazione generale della scena. Per esempio, se la scena ha un’illuminazione scarsa e non dispone di un cavalletto, si attiverà l’impostazione ISO auto, con un tempo di massimo calcolato in base all’obbiettivo. Invece, utilizzando un cavalletto, è preferibile disabilitare questa funzione. Poi bisogna definire quello che si vuole dalla scena, una decisione personale importantissima, fondamentalmente per impostare l’esposizione. Seguono due decisioni indispensabili che determinano tutto quello che segue.
Una ha a che fare con la scelta dell’area del tono più importante della scena, quella che dovrebbe avere una certa luminosità. L’altra riguarda la limitazione dei danni attraverso la rapida analisi dell’immagini e della situazione per individuare i possibili problemi. Un discorso a parte, almeno per quanto riguarda l’esposizione, merita la questione della quantità di luce. Risolta questa, gli altri problemi riguardano la gamma dinamica e il rischio di clipping delle alte luci e delle ombre.
Nel caso di una scena con una gamma dinamica bassa, non sussistono difficoltà; se la gamma dinamica delle scena corrisponde a quella del sensore, non dovrebbero esserci particolari problemi, ma dipende da dove collocate il tono chiave; se la gamma dinamica è alta, invece, si verificherà sicuramente un problema di clipping delle alte luci e di perdita di dettagli delle ombre. Dunque se c’è un conflitto tra le scelte del tono chiave e il rischio di clipping, esponete tranquillamente per i toni chiave. In caso di conflitto le soluzioni sono tre. La prima è accettare un’esposizione di compromesso cercando di ottenere il massimo possibile. Un’altra soluzione è quella di apportare delle modifiche, solitamente all’illuminazione o alla composizione. La terza, strettamente legata al mondo digitale, è quella di anticipare le tecniche di post-produzione, molte delle quali permettono un recupero di toni che altrimenti risulterebbero compromessi. Per finire, se avete tempo, verificate lo scatto sullo schermo della fotocamera e , nel caso non vi soddisfi, regolate le impostazioni scattate nuovamente.

PENSARE ALLA LUMINOSITA’

Non tutti riescono a passare con facilità dalla luminosità all’esposizione. Molto dipende dal metodo di lavoro che ovviamente non è sempre lo stesso. Ogni fotografo ha il proprio modo di considerare la luce e l’esposizione. Questo vale in particolare modo per i professionisti che hanno dovuto sviluppare dei metodi semplificati, affinati da un’esercizio costante. In qualunque modo vediate il processo decisionale, si tratta fondamentalmente di capire quali risultati si ottengono dalle diverse impostazioni della fotocamera. L’unità più semplice, è lo stop. Potete complicarvi la vita parlando di EV (valori di esposizione) o peggio di zone. Gli stop sono molto semplici. Uno scatto in su o in giù nell’apertura del diaframma o nel tempo di scatto. La relazione tra gli stop e la luminosità non è poi così complicata e nella maggior parte dei casi non è necessario essere ossessivamente precisi. La tabella schematizza il rapporto tra la luminosità e gli stop. Il modo più semplice per considerare la luminosità è usare delle percentuali. Lo 0% è nero, il 100% è bianco puro e il 50% è al centro. Toni medi, percentuale media.


 














LA LUCE SUL SENSORE

Poiché quasi tutto ciò che ha che fare con l’esposizione è in qualche modo legato al sensore, vale la pena soffermarsi su quello che succede all’interno della fotocamera.
L’unità base del sensore è il fotosito; ogni fotosito registra la luce per un pixel. Le reflex digitali più avanzate contano 10-12 milioni di pixel. La densità dei fotositi dipende dai pixel pitch o dot pitch: più questo valore è basso, migliore sarà la soluzione. Il rumore è peggiore nei sensori che hanno fotositi più piccoli, pertanto la qualità dell’immagine implica un compromesso tra le densità e l’area di ogni fotosito. La luce che colpisce il sensore viene immagazzinata in ogni fotosito come carica elettrica. Da ogni fotosito si sviluppa un elettrone, che genera tensione elettrica. La carica elettrica è poi convertita per mezzo di un convertitore analogico-digitale, in dati digitali. Trattandosi di dati monocromatici, per ottenere il colore viene posto davanti al sensore un filtro a mosaico, con un motivo rosso, verde e blu. Poiché due terzi dei dati relativi al colore reale della scena si perdono in questo modo, il processore della fotocamera deve interpolarlo con la demosaicizzazione.
I valori digitali di ogni pixel del sensore formano l’immagine. Normalmente un monitor riesce a riprodurre 256 toni distinti, dal nero al bianco. Tra l’acquisizione dei dati di un’immagine raw e il loro immagazzinamento come immagine digitale nella scheda di memoria della fotocamera, si inseriscono altri passaggi. Una delle cose più importante da tenere a mente è che i sensori rispondono alla luce in modo lineare. Ovvero restituiscono una carica elettrica direttamente proporzionale alla quantità di luce ricevuta. Graficamente corrisponde a una linea dritta. Il problema è che il sistema visivo umano è molto più avanzato: non vediamo sparire improvvisamente le altre luci o le ombre profonde mentre le pellicole ci permettono di vedere dettagli in una gamma tonale più ampia rispetto a un sensore digitale.





TERMINOLOGIA

E’ opportuno fornire un glossario di base dei termini relativi all’esposizione. In particolare, alcuni termini usati per descrivere la quantità di luce sembrerebbero, a un primo sguardo, molto simili tra loro ma presentano, in realtà, differenze sostanziali.




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