giovedì 28 febbraio 2013

Esercitazione 
Zone alte e zone basse


 Canon EOS 500D_f/3.5_ISO 6400_18mm_1/125sec




 Canon EOS 500D_f/3.5_ISO 6400_18mm_1/125sec


Lightroom

Adobe Photoshop Lightroom è un programma fotografico sviluppato da Adobe Systems disponibile per Mac OS X e Microsoft Windows, progettato per assistere i fotografi professionisti nel gestire grossi quantitativi di immagini nel corso del processo di post-produzione.
Lightroom è stato sviluppato seguendo i feedback degli utenti più interessati al prodotto (fotografia professionale), ottenuti con il rilascio di molteplici versioni preliminari, ciascuna delle quali aggiungeva nuove caratteristiche al prodotto. 


 Canon EOS 1100D_f/5.6_ISO 800_55mm_1/80sec






Canon EOS 1100D_f/9_ISO 100_42mm_1/200sec





Canon EOS 1100D_f/5.6_ISO 1600_35mm_1/125sec 







Canon EOS 1100D_f/5.6_ISO 1600_35mm_1/125sec









                              Canon EOS 1100D_f/5.6_ISO 1600_39mm_1/125sec 



CARTE DA STAMPA

Si può cominciare dicendo che le carte da stampa si dividono in due filoni molto diversi fra loro e con caratteristiche tipiche di ogni filone con i loro pro e i loro contro.
La suddivisione è fatta in base al supporto su cui è steso il materiale sensibile: vengono quindi chiamate politenate (RC-resin coated) quelle il cui supporto è costituito da un cartoncino trattato con speciali resine che lo rendono impermeabile, e baritate (FB-fiber base) quelle il cui supporto è costituito da un cartoncino che è costituito appunto di carta.
Le prime sono più economiche perchè lo strato di materiale sensibile è di minor spessore, hanno dalla loro una maggior facilità d'impiego: non si storcono sono refrattarie allo stappo, si lavano in fretta e si asciugano in minor tempo.
Le seconde sono più ostiche nell'essere maneggiate, sono più delicate, devono avere un trattamento più lungo e si devono lavare con moltissima acqua, dalla loro hanno una resa che è ancora superiore alle politenate, anche se il divario con il tempo si è andato via via assottigliando.
Anche le carte, come le pellicole hanno una sensibilità ISO, questa varia nelle più comuni fra 25 e 125.
Esistono e lo dico solo per dovere di cronaca, anche carte con sensibilità fra 200 e 500 ISO sono per fortuna, quasi introvabili, almeno sul mercato amatoriale.
Se non è scritto espressamente sulla confezione è conveniente fare sullo stesso foglio la prima volta, un provino con tempi crescenti per capire quale sia il tempo che quella carta richiede per rendere un colore medio in un grigio medio.
Le carte più comuni si trovano nei formati dal 10X15 al 50X60 anche se credo che avrete sempre a che fare con i formati canonici 18X24 o 24X30.
Ogni filone si suddivide poi in altre sottocategorie, sia in base al contrasto che in base alla superficie.
Tutte le carte sono reperibili con contrasti che vanno dal N°0 al N°5. Lo zero è quella con contrasto meno marcato, il cinque quella con contrasto maggiore.
Diciamo che un negativo ben bilanciato e con estesa gamma dovrebbe essere stampato senza molti interventi su una carta di gradazione 2.
Da parecchi anni si trovano in commercio anche carte a contrasto variabile, queste carte hanno lo strato sensibile diviso in due parti distinte, il primo sensibile alla luce blu è quello che fornisce un contrasto maggiore, quello sensibile alla luce verde contrasto minore. Indispensabili per questo tipo di carte i filtri di contrasto (VC) che vanno dal giallo pallido all'arancio per i contrasti medio bassi mentre quelli della scala magenta si utilizzeranno per i contrasti più alti. Questo tipo di filtri, che si usano inserendoli nell'apposito cassetto portafiltri hanno numerazione dall' 0 al 5 compresi i mezzi toni.
Questo tipo di carte sono state una vera manna dal cielo, non solo perchè hanno permesso l'acquisto di un solo pacco di carta per tutte le gradazioni, ma anche per un risvolto puramente tecnico: sullo stesso foglio si possono applicare a zone diverse contrasti diversi con opportune mascherature.
Altra differenza dicevamo è data dalla superficie, che può essere lucida, semimatt e matt. Ognuno di voi potrà alla fine scegliere quella che più gli aggrada, anche se le superfici lucide di solito sono usate per foto di architettura soprattutto moderna mentre le semimatt trovano pi largo impiego nel reportage e la
matt nei ritratti, ma ripeto ognuno sceglierà in base alle proprie preferenze.
 

 
INGRANDITORE E PRIMA STAMPA

Stampare il BN è semplice e abbastanza economico (fin qui la spesa è stata tutto sommato abbastanza esigua e le difficoltà non sono state insormontabili) tranne per lo strumento più importante di cui abbiamo bisogno: l'ingranditore.

L'INGRANDITORE

In linea di principio è un oggetto abbastanza semplice: non è altro che una specie di proiettore che serve a proiettare il negativo sul piano di stampa; oppure, se vogliamo, è una specie di macchina fotografica che serve a fotografare il nostro negativo su un foglio di carta sensibile. Una rapida occhiata ai pochi elementi che lo compongono ci permetteranno di familiarizzare con questo strumento ed eventualmente di essere in grado di scegliere quello che fa per noi.
 

LA TESTA

È la parte principale (e costruttivamente più complessa) dell'ingranditore. Nella testa si trovano la lampada e i vari dispositivi che permettono di creare un fascio luminoso il più possibile uniforme. A seconda del tipo di illuminazione usata, esistono ingranditori a "luce diffusa" (la luce che investe il negativo passa prima attraverso un vetro diffusore che la rende morbida e uniforme) e a "luce condensata" (la luce che investe il negativo passa prima attraverso un gruppo ottico che la rende fortemente direzionale e a raggi paralleli). Le differenze sono abbastanza intuitive per chi ha familiarità con la fotografia: la luce diffusa è morbida, riduce il contrasto e minimizza i difetti del negativo (= eventuali graffi, polvere e pelucchi, ma anche la grana); la luce condensata è dura, esalta i contrasti e la nitidezza ed evidenzia la grana (ma anche i graffi!). Eventualmente la luce condensata può anche essere resa "diffusa" ponendo un diffusore sotto al gruppo ottico condensatore (es. un vetro opalino di opportune dimensioni).
Per chi inizia non credo che la differenza sia importante: ci basti per ora sapere che ci sono due modi diversi di illuminare il negativo da stampare, ed entrambi forniscono buoni risultati.
Solitamente la testa è provvista di un cassettino che può ospitare appositi filtri atti a modificare il colore della luce dell'ingranditore. Storicamente nasce per consentire la stampa a colori e/o delle diapositive, ma è tornato di grande utilità per la stampa con carte a contrasto variabile: infatti il contrasto può essere variato attraverso l'uso di appositi filtri (si trovano in commercio di diverse marche) da porre nel cassettino. Altre teste hanno invece la possibilità di modificare il colore agendo su appositi filtri incorporati nel sistema di illuminazione stesso.
La testa ospita anche il porta-negativi (che alloggia il negativo da stampare, tenendolo piano e parallelo al piano di stampa), che può essere delle fogge più diverse, con o senza vetrini, esclusivamente per il formato 24x36mm o adattabile a diversi formati, ecc.
Sotto troviamo l'obiettivo, solitamente avvitato su una piastra intercambiabile fissata su un soffietto che serve per la messa a fuoco; infatti l'obiettivo non ha ghiera di messa a fuoco, ma solo quella dei diaframmi. Anche per gli obiettivi si può scegliere tra varie marche (l'attacco a vite 39x1 è uno standard quasi per tutti) e tra vari livelli di prezzo. Ovviamente la qualità varia in proporzione al prezzo, ma per ingrandimenti non spinti (diciamo fino al 24x30) la differenza non è abissale, soprattutto se usati ai diaframmi intermedi. In altre parole, se non possiamo permetterci un obiettivo da 600.000 lire non ci è comunque preclusa la possibilità di fare stampe più che buone.
Per il formato 24x36mm si usano di norma obiettivi di 50mm di focale, per il 6x6 quelli da 75-80mm, ecc.

LA COLONNA

Dovendo sostenere la testa (spesso abbastanza pesante), è bene che la colonna sia sufficientemente robusta e rigida e di sezione sufficientemente grande. In alcuni modelli essa e dotata di cremagliera dentata su cui ingrana la testa per poter essere sollevata e abbassata facilmente agendo su una manovella; altre volte questo movimento è ottenuto con un meccanismo a frizione. Negli ingranditori usati questo movimento va sempre controllato attentamente, perché è forse l'elemento più soggetto ad usura.
A volte sulla colonna è presente una scala metrica che indica l'altezza della testa sul piano di stampa (in cm, in pollici e spesso anche in fattore di ingrandimento). Avremo modo di apprezzare in seguito l'utilità di questo riferimento.

IL PIANO DI STAMPA

Di solito in legno, sostiene l'insieme testa-colonna. Deve essere sufficientemente pesante (il peso favorisce la stabilità del tutto) e ampio. Qualora non lo fosse, si può sempre sovrapporre un piano aggiuntivo di legno laccato bianco, o al limite anche sostituirlo.
Esistono ingranditori di marche diverse e di prezzi diversi: possiamo avere un ingranditore (usato) spendendo 100.000 lire come 5 milioni, per cui è possibile trovare quello che fa al caso nostro (e delle nostre tasche!).

ACCESSORI

Come sempre, non sono indispensabili, ma aiutano e facilitano durante la fase di stampa.
  • Marginatore: dal nome sembrerebbe che serva soprattutto ad ottenere i bordi bianchi intorno alla stampa. Sebbene faccia anche questo (proiettando l'ombra delle sue "lame" tutt'intorno al foglio di carta), la sua funzione principale è quella di mantenere perfettamente piano il foglio di carta sotto l'ingranditore, consentendo di avere l'immagine proiettata perfettamente a fuoco, e di posizionarlo in modo da stampare la porzione voluta con precisione e "ripetibilità". Poiché le carte politenate sono sufficientemente piane, all'inizio si può tranquillamente farne a meno. Con le carte baritate, invece, che sono più spesse e tendono ad arricciare i bordi verso l'alto, esso si rivela molto più utile (direi anzi indispensabile).
  • Timer da stampa: serve ad impostare il tempo di posa, funzionando più o meno come la ghiera dei tempi della nostra reflex. Poiché di solito abbiamo a che fare con tempi di posa sufficientemente lunghi (decine di secondi), e poiché di solito non è un oggetto molto economico, si può stampare anche senza. Sulla scia dell'insegnamento di Ansel Adams (che di stampa B/N ne sapeva qualcosa), il quale usava contare i secondi mentalmente ascoltando il tic-tac di un metronomo (si vende a poche lire nei negozi di strumenti musicali) impostato su un "tic" ogni secondo, ho collegato il mio ingranditore ad un interruttore a pedale (di quelli delle lampade a piantana, per intenderci), col quale accendo e spengo in modo da avere sempre le mani libere; il tempo mi viene fornito dal "bip" di un cronometro sportivo (usato ad esempio per contare le vogate nel canottaggio) che ho avuto la fortuna di trovare su una bancarella a 15.000 lire, impostato anch'esso in modo che fornisca un bip al secondo. In questo modo è facile (ed economico) ottenere il tempo di posa voluto contando mentalmente (uno...due...tre...). In alternativa, va benone anche il vecchio orologio a pendolo della nonna, o la sveglia, o qualunque orologio con un ticchettio abbastanza forte. Come ultima spiaggia, possiamo sempre registrare una cassetta con una serie di "rintocchi" a nostro piacimento (uno al secondo). In questi casi, l'unico limite è dato dalla nostra fantasia. Per inciso, ho adottato questo sistema dopo essermi accorto che il timer (!) connesso al mio ingranditore non forniva tempi esatti (per cui 5 secondi erano in realtà 7 secondi, 20 secondi erano 25, eccetera, con gli ovvi risultati di non riuscire mai a stampare come volevo io).
Focometro: posto sul piano di stampa, permette di facilitare notevolmente la messa a fuoco ingrandendo notevolmente il negativo (in pratica si mette a fuoco la grana della pellicola). Esistono modelli anche abbastanza economici che lo rendono uno strumento "appetibile". Personalmente lo trovo utile, anche se conosco professionisti che affermano di non averlo mai usato in vita loro.

LA PRIMA STAMPA

Abbiamo tutto l'occorrente, ci siamo trovati un posticino tranquillo in casa (spesso è il bagno, a volte uno sgabuzzino o la cantina), dove è possibile avere il buio totale: possiamo iniziare!
Dato che abbiamo già stampato i provini a contatto, supponiamo di avere i bagni (sviluppo, eventuale arresto, fissaggio) già pronti nella quantità necessaria (1-2 litri a seconda della grandezza delle nostre bacinelle) e nella diluizione prescritta sulle relative etichette, posti nelle relative bacinelle nel solito ordine. Facciamo il buio, accendiamo la luce di sicurezza.

POSIZIONAMENTO DEL NEGATIVO

Poniamo il nostro primo fotogramma nel porta-negativi facendo in modo che l'uno e l'altro siano il più possibile privi di polvere e pelucchi. Come? L'ideale sarebbe avere l'apposito panno antistatico, in alternativa possiamo spolverare con un pennellino morbido (niente male quelli da trucco); altra alternativa sono le spazzoline antistatiche che si usano  per spolverare i dischi in vinile.
Accendiamo l'ingranditore, posizioniamo la testa in modo da avere l'ingrandimento desiderato, valutandolo sul marginatore o, in sua assenza, su un foglio di carta su cui possiamo disegnare rettangoli dei formati di carta che usiamo più spesso. Mettiamo a fuoco con l'obiettivo a tutta apertura (servendoci del focometro, se l'abbiamo). I sacri testi di C.O. consigliano di mettere a fuoco non sul piano dell'ingranditore, bensì su un foglio di carta dello stesso spessore della carta da stampa (ad es. sul retro di una stampa di "scarto"). A mio avviso la differenza di distanza di messa a fuoco è talmente esigua che anche stampando con l'obiettivo a tutta apertura (la chiusura del diaframma aumenta la profondità di campo anche in fase di stampa!) non si avranno differenze visibili. D'altronde, facendo quattro conti, se la nostra testa fosse a 40 cm (400 mm) dal piano dell'ingranditore e la carta fosse spessa 1 mm (esageriamo!), la distanza corretta sarebbe di 399 mm, e commetteremmo un errore di circa lo 0.25%, del tutto trascurabile ai fini pratici (tanto più se la carta, come in realtà accade, ha spessore minore di 1 mm).

TEMPO DI ESPOSIZIONE E CONTRASTO

Come già detto, la stampa è l'operazione con cui si "fotografa" il negativo su un altro negativo (la carta da stampa). Come ogni altra fotografia, dovremo quindi determinare (esattamente come per il provino a contatto) la corretta esposizione.
In più stavolta abbiamo anche l'onere di determinare la giusta gradazione di contrasto della carta. Infatti, mentre nella stampa dei provini ci "accontentiamo" di non avere neri e bianchi puri, a vantaggio della registrazione del maggior numero di dettagli possibile (e anche per riuscire a visionare anche fotogrammi eventualmente sovra-sottoesposti in maniera marcata), nella stampa finale si deve di solito avere tutta la scala tonale, dal massimo bianco al massimo nero.
Ci sono ovviamente le solite eccezioni, ma anche in questo caso confermano la regola.
Quindi, in linea generale, un negativo poco contrastato avrà una scala di toni molto "corta" (la differenza di densità fra la minima e la massima è poca), e quindi c'è bisogno di una carta a contrasto elevato, che "amplifichi" la scala tonale del negativo. Viceversa, un negativo molto contrastato avrà una scala di toni molto "estesa" (la differenza fra la minima e la massima densità è elevata), per cui c'è bisogno di una carta a basso contrasto, capace di "contenere" tutte le densità del negativo.
Sembrerebbe a prima vista impossibile determinare correttamente il giusto tempo di esposizione e il giusto grado di contrasto della carta: infatti ad una stessa esposizione corrispondono diversi toni di grigio al variare del contrasto e, parallelamente, per un dato grado di contrasto della carta l'annerimento varia col tempo di esposizione.
La tecnica qui esposta, messa a punto da A. Adams, consente di scindere i due problemi. Essa nasce da una constatazione: l'esposizione delle alte luci con dettaglio (zone più dense del negativo), non varia al variare della gradazione di contrasto. In soldoni, se per una data gradazione di carta (es. la 2) troviamo che le alte luci con dettaglio sono ben riprodotte con un'esposizione di 10 secondi, una carta di diversa gradazione (es. la 3, purché della stessa marca e tipo!) esposta per gli stessi 10 secondi fornirà alteluci con dettaglio analogamente ben riprodotte.

LA GIUSTA ESPOSIZIONE

Come prima cosa si determina quindi la corretta esposizione. In genere si opera "a priorità di diaframma": si chiude il diaframma di un paio di valori (diciamo attorno a f/8), in modo da operare alla miglior resa dell'obiettivo, e si deve quindi determinare il giusto tempo di esposizione.
La tecnica è sostanzialmente quella descritta nella stampa dei provini a contatto (cfr. Cap.3): dobbiamo fare un "provino scalare" e utilizzeremo inizialmente una striscia di carta di medio contrasto (es. la 2). Si sceglie una zona del fotogramma che contenga alte luci (e possibilmente anche ombre) con dettaglio; si pone il filtro rosso dell'ingranditore sotto l'obiettivo e si pone una striscia di carta di dimensioni opportune sul piano di stampa, in corrispondenza della zona scelta. Si spegne l'ingranditore, si toglie il filtro rosso, si copre la striscia di carta con il solito cartoncino nero, si avvia il nostro conta-secondi, si accende l'ingranditore e si scopre una porzione di striscia ogni "tot" secondi (esempio: 5-10-15-20-25-30 secondi). Quindi si sviluppa-arresta-fissa-lava come per i provini a contatto.
Osserviamo il provino: se siamo stati fortunati, ci sarà un settore che reputiamo correttamente esposto, vale a dire un settore dove troviamo alte luci bianche con dettagli appena percettibili. In caso contrario dovremo ripetere la procedura con tempi maggiori o minori nel modo che ormai sappiamo. Supponiamo che il settore "buono" sia quello con esposizione di 20 secondi. Considereremo questo come tempo base, ed esporremo un intero foglio di carta di quel contrasto con quel tempo di esposizione, e lo svilupperemo come al solito.

IL GIUSTO CONTRASTO

Osserviamo ora la stampa (detta anche "stampa di lavoro"). Possono aversi 3 casi: 
  • Le ombre con dettaglio presenti sul negativo sono anch'esse correttamente esposte. È un fatto abbastanza raro e "fortunoso": in questo caso, infatti, anche il grado di contrasto della carta è corretto, per cui la scala tonale del negativo è "entrata" tutta e bene nella scala tonale della carta. La nostra stampa è quindi corretta.
  • Le ombre con dettaglio non sono sufficientemente scure. In questo caso il contrasto della carta è insufficiente, per cui dobbiamo effettuare una nuova esposizione (per lo stesso tempo) aumentando il contrasto (es. usando il 3 invece del 2). Sviluppata la stampa, ripeteremo l'analisi sulle ombre.
  • Le ombre con dettaglio presenti sul negativo non presentano dettagli sulla stampa. Le ombre sono dei neri pieni ed indistinti, e quindi la carta scelta è troppo contrastata. Si deve quindi esporre un altro foglio di contrasto più basso (es. 1 invece del 2) e ripetere l'analisi su questa nuova stampa.
Naturalmente potremo anche risparmiare un po' di carta utilizzando come "stampa di lavoro" un mezzo foglio di carta che contenga comunque elementi significativi dell'immagine; stabiliti i giusti parametri, li useremo per ottenere la stampa "buona". Le prime volte, però, è forse il caso di "sprecare" un po' di carta in più per familiarizzare con il suo comportamento al variare del tempo di esposizione e del contrasto.
Con questa procedura dovremmo arrivare finalmente a determinare il giusto tempo di esposizione (è possibile che l'analisi del contrasto consigli dei piccoli ritocchi anche sul tempo di esposizione) e il giusto grado di contrasto, in modo da arrivare ad un risultato che il nostro occhio giudicherà soddisfacente. L'uso di carte a contrasto variabile consente un controllo molto fine sul contrasto sia con i filtri in gelatina (esistenti con passi di 1/2 grado da 00 a 5) sia soprattutto con le teste a colori, che consentono variazioni di contrasto anche minime agendo sui filtri incorporati.
Una volta ottenuta la stampa che ci piace, questa va ben fissata e lavata in acqua corrente per il tempo indicato nel foglietto accluso al pacco di carta e posta ad asciugare, come già detto per il provino a contatto.


STAMPA BIANCO E NERO

Il procedimento in breve:
Prima di partire, è bene fare una descrizione succinta delle varie fasi che costituiscono l'intero processo di stampa in B&N.

1.I preparativi - Bisogna predisporre un pennello a pompetta contro la polvere, i negativi da stampare, la carta da utilizzare, gli eventuali focometro e temporizzatore, le bacinelle coi diversi prodotti chimici (portati alla temperatura di 20°) e le rispettive pinze (una per ogni bacinella), il lavello per il lavaggio finale.

2. La pellicola e l'inquadratura - Si inserisce il negativo nel portanegativi, si spengono le luci normali e si accendono quelle di lavoro. Col diaframma dell'obiettivo tutto aperto, si studia l'ingrandimento, si stabilisce l'inquadratura e si mette a fuoco.

3. L'esposizione del provino - Si chiude il diaframma di un paio di scatti (i valori 8 o 11 vanno bene) e si eseguono esposizioni a scalare su una striscia di carta sensibile uguale a quella finale, per trovare il tempo di posa e per verificare la gradazione da usare. 



4. Il trattamento chimico del provino - Si immerge il provino appena esposto nel bagno di sviluppo, per circa 2 minuti, agitando la bacinella e muovendo il foglio con la pinza (come si farà anche nei bagni successivi). Poi si sgocciola e si immerge il provino nel bagno d'arresto per alcuni secondi. Successivamente di esegue il bagno di fissaggio. A questo punto si può accendere la luce normale, per l'esame dei risultati: se tutto è andato bene, si individua il tempo di posa corretto e si valuta la resa della gradazione di carta usata. Eventualmente si ripete dal punto 3, fino ad avere informazioni certe.

5. La stampa finale - Si esegue l'esposizione col diaframma, coi tempi e col tipo di carta emersi dal provino. Si esegue con cura il procedimento chimico completo: sviluppo, arresto, fissaggio, eliminatore di iposolfito, lavaggio, emolliente.

6. L'asciugatura - A lavaggio ultimato, si sgocciola ben bene e si fa asciugare; si può stendere semplicemente la stampa su un panno, con l'emulsione verso l'alto, asportando delicatamente l'eccesso d'acqua dalla superficie con l'aiuto di un panno. L'asciugatura può essere fatta anche con l'apposita asciugatrice o con la smaltatrice.




ORGANIZZAZIONE DELLA CAMERA OSCURA

Il trattamento della pellicola in piccole taniche può essere effettuato quasi ovunque (dopo aver provveduto a caricare la tanica al buio). Ma la stampa su basi professionali richiede la disponibilità di una camera oscura permanente. Ci sono 4 fondamentali requisiti che deve avere una camera oscura:
  1. Deve essere perfettamente oscurabile
  2. Necessita di corrente elettrica, di n collegamento alla rete idrica e uno alla rete fognaria
  3. Deve avere una adeguata ventilazione e un sistema di riscaldamento controllabile
  4. La disposizione deve permettere la sicurezza del lavoro in una logica sequenza, e consentire un facile accesso.
Dovendo lavorare in modo in modo confortevole per lunghi periodi è necessaria sì l’oscurità, ma non bisogna escludere l’aerazione. E se più persone devono usare la camera oscura è necessario poter entrare e uscire senza danneggiare la produzione.

ALLESTIMENTO GENERALE DELLA CAMERA OSCURA

La grandezza del locale naturalmente dipende da quante persone la usano, quanto tempo hanno bisogno di starci e dal lavoro che vi è svolto. Una stanza che viene usata tutto il giorno da una sola persona, potrebbe essere di 20 metri cubi ossia 2,5 x 3,0 e alta 2,8 metri, più 4 mq di superficie per usi aggiuntivi. La miglior soluzione per l’entrata è una trappola di luce o un labirinto. Questo impedirà alla luce di entrare, se viene opportunamente realizzato e finito in vernice nera opaca, e permette il passaggio senza dover aprire porte o tirare tende. E’ utile in particolare se si portano bacinelle per lo sviluppo o altro. Inoltre farà passare liberamente l’aria per la ventilazione. In qualche punto della  camera oscura bisogna inoltre istallare una pesa d’aria a prova di luce,o meglio un condizionatore d’aria. La temperatura ideale all’interno della camera oscura è di 20° C. Se invece siete costretti a usare una porta, assicuratevi che su di essa o su una parete vicino ci sia una griglia a tenuta di luce per il passaggio dell’aria.
All’interno dividete rigorosamente lo spazio in zona “asciutta” e una “bagnate”. Nella zona bagnata sistemate un vascone liscio in PVC con scarico d’acqua, profondo circa 15-20 cm e abbastanza largo da contenere almeno tre bacinelle per la stampa e quella più grande per il lavaggio. Installate un rubinetto con miscelatore di acqua fredda e calda in una posizione abbastanza elevata per consentire il facile riempimento di un secchio o di un contenitore alto. Un altro rubinetto d’acqua fredda deve poter essere collegato a u tubo flessibile, per portare acqua alla vasca di lavaggio o a una bacinella. Sotto il vascone potrebbe esserci una rastrelliera , e sopra una mensola dove appoggiare piccoli contenitori; a lato un ripiano con scolatoio in PVC per contenitori più grandi per sviluppi concentrati, fissaggio, ecc.
Il banco asciutto dovrebbe essere dal lato opposto, abbastanza lontano da evitare schizzi accidentali. Qui si possono sistemare ingranditore, carte per stampa, buste di negativi, come pure accessori vari, bromografo, timer, esposimetro, ecc. Sotto il banco si ricavano armadi chiusi per conservare il materiale sensibile. Su questo lato assicuratevi di avere grandi spazi di appoggio per le attrezzature e sulla parete vicino al banco bagnato uno spazio per le attrezzature termostatate comandate da interruttori montati a soffitto. Per la illuminazione di lavoro, istallate una lampada di sicurezza (luce rossa) non più vicina della distanza raccomandata, direttamente sopra la vasca di sviluppo. A meno che la camera oscura non sia molto piccola, montate un’altra lampada sospesa al centro del soffitto per l’illuminazione generale. Se necessario installate una terza lampada per illuminare un orologio murale o il timer per lo sviluppo. Collegate tutte le lampade di sicurezza con un interruttore generale vicino alla porta. Per la luce bianca usate una lampada a bulbo nel soffitto. Collegatela a un interruttore a parete, il cui contatto sia azionabile da un cavo orizzontale che corre lungo i muri della camera oscura all’altezza della testa. In questo modo potrete raggiungerlo facilmente e accendere la lampada per verificare i risultati dovunque vi troviate.
Scegliete una tinta per le pareti e il soffitto della camera oscura che sia più chiara possibile, preferibilmente bianco opaco. Posto che la stanza sia debitamente oscurata, i riflessi generalmente sono di aiuto. L’illuminazione di sicurezza sarà più uniforme e le condizioni di lavoro meno oppressive. Ma dipingete la parete intorno all’ingranditore in nero opaco, come l’entrata, perché qui si usa la luce bianca.
I banchi asciutti possono essere ricoperti in laminato chiaro e il pavimento di un materiale plastico senza giunte, resistente ai prodotti chimici. Evitate la possibilità di accumulo di polvere e sporcizia sulle pareti eliminando sporgenze, fili e tubi non indispensabili. I tubi d’acqua fredda in alto vicino al soffitto sono spesso un pericolo, in quanto accumulano un velo di condensa che poi gocciola. Le operazioni di asciugatura, di soluzioni dei prodotti chimici in polvere e tutti i viraggi di tono dell’immagine vanno effettuati fuori dalla camera oscura in una zona separata e ben ventilata.



L’INGRANDITORE

L’ingranditore è l’elemento più importante dell’attrezzatura per la stampa. Si presenta come un proiettore per diapositive montato verticalmente. Una lampada nella parte superiore illumina uniformemente da dietro il negativo mantenuto ben piano dal porta pellicola. Un obiettivo a distanza regolabile sotto al negativo mette a fuoco l’immagine ingrandita sul piano dell’ingranditore, dove si dispone la carta sensibile, tenuta bene in piano da un vetro o da un marginatore. Muovendo l’intera testa dell’ingranditore sulla colonna di supporto si modifica la misura dell’immagine sul piano di stampa. Regolando la distanza tra l’obiettivo e il si modifica la messa a fuoco. Cambiando l’apertura dell’obiettivo agendo sull’anello dei diaframmi si modifica la luminosità dell’immagine, proprio come nella macchina fotografica. Quando si sceglie un ingranditore, i punti da decidere sono:
  1. I formati del negativo che deve accettare
  2. L’obiettivo più adatto
  3. Il tipo di illuminazione
  4. Il massimo ingrandimento che si vuole ottenere
  5. Qualsiasi altra caratteristica extra , come i movimenti della testa

FORMATI

Un ingranditore solo per 35 mm è piccolo e meno costoso di uno di pari qualità adattabile a parecchi formati. Se usate anche macchine fotografiche per pellicola in rullo, prendete un ingranditore per il formato più grande dato che è adattabile per quelli più piccoli. Sarà necessario procurarsi porta pellicole nei diversi formati e obiettivi di diversa lunghezza focale per ottenere un’ampia gamma di formati di stampa, e se l’ingranditore ha l’illuminazione con condensatori anche questi devono essere cambiati.
Ingranditori per negativi 4x5” o 9x12 cm sono molto più grandi. Se si usano, è utile tenere un ingranditore solo per questi formati; molti li sfruttano anche per formati minori, ma diventa scomodo se si stampano diversi formati di negativi. Pochi ingranditori arrivano a negativi di formato 8x10” e sono estremamente costosi e voluminosi. Sono ovviamente adattabili al 4x5”.


OBIETTIVO

Un obiettivo per ingrandirsi è progettato per dare la massima risoluzione quando il soggetto è più vicino dell’immagine. Può così fare un lavoro migliore di un obiettivo da ripresa usato per ingrandimento sebbene, qualora sia necessario, si possa usare anche questo. In effetti la lunghezza focale è un compromesso. Se è troppo lunga, non si ottengono sufficienti ingrandimenti se non quando la testa dell’ingranditore arriva in alto alla colonna. Se è troppo corta, l’obiettivo rischia di non avere sufficiente potere di copertura, cosicché gli angoli dell’immagine appaiono poco nitidi e vignettati, cioè più chiari nella stampa, specialmente per forti ingrandimenti.
Inoltre è difficile posizionare l’obiettivo abbastanza vicino al negativo; e quando si fanno stampe piccole non c’è spazio sufficiente sotto l’obiettivo per le maschere.
Più grande è l’apertura massima, più facile sarà vedere e mettere a fuoco l’immagine, comunque le stampe molto raramente vengono esposte a questa apertura.


ILLUMINAZIONE

Il negativo deve essere illuminato uniformemente, ma più di questo è la qualità della luce diffusa o concentrata che influenza i risultativi stampa.
Con una testa a luce diffusa, il negativo appare come illuminato da una window-light o osservato contro il cielo velato. La maggior parte delle teste degli ingranditori per la stampa a colori sono a luce diffusa. Una testa a colori con tutti i filtri disinseriti si presta anche per stampe in bianco e nero; in più vi è il vantaggio che alcuni filtri possono essere usati per la carta a contrasto variabile.
La diffusione assorbe una gran quantità di luce e per rimediare a questo, molti ingranditori usano lampade al quarzo- iodio. Un filtro anticalore e un portalampada che riflette la luce a 90° sul negativo prevengono il surriscaldamento.
Un altro tipo di illuminazione diffusa è una testa a “luce fredda”. Funziona per mezzo di un piccolo trasformatore ad alto voltaggio ed è disponibile per formati da 35 mm a 10x8”. La testa a condensatori dà una illuminazione concentrata. Il portalampade contiene una o più lenti convergenti semplici molto grandi che raccolgono la luce divergente da una lampada al tungsteno e la fanno convergere a fuoco, attraverso il negativo, nell’obiettivo. Il negativo appare all’obiettivo come se venisse illuminato posteriormente con un fascio di luce intensa  e concentrata. Questa luce diretta ha l’impostante effetto di rendere le immagini proiettate leggermente più contrastate che con la luce diffusa. Questo si chiama effetto Callier. L’illuminazione a condensatori tende anche a evidenziare le imperfezioni sulla superficie del negativo, come graffi e polvere. L’aumento del contrasto mette in risalto i dettagli più fini, ma rende più evidente anche la grana. L’effetto massimo del condensatore si ottiene con una sorgente puntiforme, come una piccola lampada da proiezione. Questo è utile per forti ingrandimenti, dove si vuole che ogni più piccolo particolare appaia nitido. Una sorgente puntiforme è però scomoda da usare; per ottenere un’illuminazione uniforme bisogna riposizionare la lampada e i condensatori per ogni cambio di dimensione della stampa. A meno che non si usi l’obiettivo a grande apertura, si verificano vignettature, così che l’intensità della luce va controllata attraverso un reostato.
Gli ingranditori con testa a condensatori sono comunque un compromesso. Usano una lampada opalina al tungsteno che i condensatori mettono a fuoco come un fascio di luce nell’obiettivo. Questo permette di ottenere una vasta gamma di ingrandimenti senza riposizionare la lampada per ogni variazione. Si può anche diaframmare. Comunque, un sistema a condensatori, al contrario di quello a luce diffusa, necessita il riposizionamento della lampada o il cambio dei condensatori per ottenere una illuminazione uniforme del negativo:
  1. Quando le dimensioni della stampa cambiano notevolmente
  2. Ogni volta che si cambia la lunghezza focale dell’obiettivo dell’ingranditore ( nei due casi la distanza del negativo cambia considerevolmente)