martedì 19 febbraio 2013

Conoscere La Fotocamera



Conoscere la Fotocamera

CONTROLLO DELL'ESPOSIZIONE

Abbinando l'apertura di diaframma e il giusto tempo di posa, otteniamo l'esposizione corretta della nostra immagine, ciò significa la giusta quantità di luce per mantenere dettagli visibili sia nelle zone scure sia nelle zone chiare dell'immagine.
Un'esposizione insufficiente produrrà infatti ombre solide, senza dettagli visibili, un'esposizione eccessiva produrrà superfici chiare slavate e uniformi.
Il calcolo dei due fattori, apertura di diaframma e tempo di posa, viene eseguito in automatico dalla fotocamera lasciandoci liberi di concentrarci sulla scena che vogliamo fotografare.
Può tuttavia capitare che il risultato sia deludente ossia che l'immagine sia troppo chiara o troppo scura nonostante la luce disponibile sia sufficiente per il funzionamento dell'esposimetro, ossia il sistema che calcola automaticamente l'esposizione.
In effetti, la scena che abbiamo inquadrato può contenere elementi che traggono in inganno il sensore, falsando il risultato.
Le situazioni classiche in cui ciò si verifica corrispondono a scenari molto comuni nelle foto delle nostre vacanze estive o invernali: il bagliore della spiaggia e il riflesso del sole sull'acqua oppure sulla neve, inducono la macchina a percepire più luce di quanta ne sia effettivamente disponibile per illuminare il soggetto e di conseguenza la fotocamera tiene tempi di scatto più brevi del necessario producendo invariabilmente immagini troppo scure.
Una situazione analoga, si verifica quando fotografiamo controluce, con il sole basso che si staglia dietro al soggetto.
La situazione inversa, accade quando invece lo sfondo dell'immagine è particolarmente scuro e il soggetto è chiaro: otterremo un'immagine slavata poiché il sensore percepirà una quantità di luce complessiva inferiore a quella effettivamente disponibile sul soggetto e perciò prolungherà la posa erroneamente.
Tutte le fotocamere calcolano l'esposizione basandosi su una media della luce raccolta da un'immagine che viene percepita in bianco e nero, tale media può essere facilmente falsata nel caso in cui esista un forte contrasto o una forte differenza di illuminazione tra soggetto e sfondo.
Fortunatamente abbiamo a disposizione diverse soluzioni per ovviare a questo inconveniente. Vediamone quattro.
La prima consiste nel verificare se la nostra fotocamera dispone di un programma di esposizione automatico concepito appositamente per le foto in montagna e al mare, e attivarlo.
Lo troviamo sempre più spesso nelle compatte di recente concezione, soprattutto quelle di fascia medio-alta.
La seconda consiste nel limitare l'area di lettura del sensore, vale a dire imporgli di calcolare la luminosità in un solo punto o porzione definita dell'immagine, anziché su tutta la scena. La tecnica prende il nome di esposizione spot. In tal modo potremo puntare il sensore direttamente sul soggetto e leggere la luce riflessa da quest'ultimo, ignorando quella proveniente dallo sfondo (chiaro o scuro che sia).
La terza soluzione è un'evoluzione economica della seconda: se disponiamo di un obiettivo zoom, possiamo puntarlo sul soggetto e ingrandirlo il più possibile fino a che riempia gran parte dell'inquadratura.
Premiamo il tasto di scatto per metà per ottenere la messa a fuoco e l'esposizione, che conserviamo mantenendo il tasto premuto mentre allarghiamo la visuale dell'obiettivo e ricomponiamo l'inquadratura che volevamo in origine. A quel punto potremo scattare disponendo di una messa a fuoco precisa e di un'esposizione corretta.
La quarta soluzione è più semplice e alla portata di quasi tutti. Consiste nel compensare a mano l'esposizione imponendo una sovra-esposizione (più lunga) nel caso di foto su spiaggia o sui campi da sci e una sotto-esposizione (più breve) in presenza di un soggetto chiaro su sfondo scuro.
Molte fotocamere prevedono tale possibilità, solitamente raffigurata da un'icona che raggruppa i simboli + e . Selezionando +1 si comanda il raddoppio del tempo di esposizione oppure l’apertura del diaframma di una posizione al fine di far passare il doppio della luce (di solito sufficiente per spiaggia e neve), viceversa con -1 si comanda alla fotocamera di lasciar passare la metà della luce che avrebbe catturato in base al calcolo automatico. Alcune fotocamere più avanzate permettono anche incrementi e decrementi di 0,5, di 0,3 e 0,7.
Nelle fotocamere più costose e complesse si aggiunge invece una particolare funzione denominata "bracketing" che esegue in automatico tre scatti in sequenza: uno esposto secondo il calcolo automatico, uno sovra-esposto e uno sotto-esposto. La forcella di sovra e sotto esposizione (+/- 1, +/-0,5, eccetera) è solitamente programmabile.
Come attivare la compensazione di esposizione? In mancanza di tasti dedicati, cercate nel menu della vostra fotocamera e nel manuale.
Un'attenta combinazione di messa a fuoco, profondità di campo ed esposizione renderà più creative le vostre foto.


Esposizione standard
L’esposizione automatica è una funzione presente in tutte le fotocamere, comprese le digitali; e calcola la giusta quantità di luce per fornire un immagine che appaia naturale.









Sottoesposizione
La sottoesposizione forza la fotocamera a far passare meno luce di quanta calcolata automaticamente. In questo caso metà (-1 - la parte a destra) o un quarto (-2 - la parte a sinistra). E' utile per fotografare soggetti chiari su sfondi scuri.





TEMPI DI POSA

La nitidezza della foto dipende da due fattori: la corretta messa a fuoco e una salda presa sulla fotocamera che ne riduca al mimino il movimento, che peraltro non può essere eliminato del tutto se non ponendola su un treppiede.
Nello scatto a mano libera, in condizioni di luce ridotta, bisogna prestare attenzione al tempo di posa scelto dalla fotocamera e assicurarsi che non sia inferiore a 1/60 di secondo oppure, nel caso di una macchina con obiettivo zoom, a un valore di tempo comparabile alla lunghezza dell'obiettivo.
Nel caso di uno zoom da 110 mm equivalenti il tempo dovrà essere di 1/125 di secondo. Uno zoom da 200 richiederà 1/250 di secondo.

Se costretti comunque a lavorare con tempi ridotti, esistono modi per ridurre il movimento della fotocamera: tenerla saldamente nelle due mani e appoggiarla al viso in modo da ridurre il movimento (usando il mirino dove disponibile anziché il display), appoggiarvi di schiena o con la spalla a un muro oppure a qualche oggetto fermo in modo da ridurre il movimento del nostro corpo (per i più intraprendenti, è anche possibile sdraiarsi a terra con i gomiti appoggiati al terreno), appoggiare la fotocamera sul tetto dell'automobile, su un muretto o su qualche altro supporto e catturare la foto con l'autoscatto (così da non muovere la macchina nemmeno con la pressione del tasto di scatto).

Nonostante queste precauzioni, il soggetto può comunque muoversi tanto velocemente da risultare sfocato anche con tempi che sono sufficienti a eliminare il tremore della mano.
In questo caso bisogna valutare tre aspetti, combinati: la distanza dell'oggetto da voi, la sua direzione di movimento rispetto all'obiettivo, la velocità con cui si muove.


In alcuni casi si vuole mantenere nitida la foto del soggetto, ma sfuocato il contorno per dare un'idea di movimento e velocità. L'effetto è ottenibile in due modi: muovendosi insieme al soggetto, per esempio fotografare da un'automobile un'altra automobile in movimento, oppure accompagnare il movimento del soggetto con la fotocamera da fermi (panning).


FUOCO E PROFONDITA' DI CAMPO

La corretta messa a fuoco è un requisito essenziale per qualsiasi fotografia. Quando guardiamo gli oggetti e le persone intorno a noi, la nostra percezione è uniforme: ovunque spostiamo la nostra attenzione, vediamo sempre lo stesso livello di nitidezza. Di fatto i nostri occhi focalizzano continuamente ciò che osserviamo, adattandosi all'istante a qualsiasi variazione di distanza e di prospettiva, fornendoci così l'impressione che non esistano differenze tra gli oggetti vicini e lontani e che tutti siano costantemente a fuoco. Nella realtà, quando guardiamo qualcosa di vicino, gli oggetti lontani diventeranno sfocati nel perimetro visivo, e viceversa. L'obiettivo della fotocamera funziona nello stesso modo, con la differenza importante che nel momento di scattare la foto, blocca la messa a fuoco a una determinata distanza e tutti gli oggetti presenti sull'ipotetico piano che passa per quella distanza saranno perfettamente nitidi, mentre gli oggetti più o vicini o più lontani dall'obiettivo rispetto a tale distanza saranno via, via più sfocati. Ogni fotografia, perciò, ha un solo "piano di messa a fuoco critica" che viene determinato dalla fotocamera misurando in automatico la distanza in metri o centimetri tra l'obiettivo e il soggetto che si trova al centro del mirino nel momento in cui premiamo per metà il tasto di scatto. Tuttò ciò che si trova su tale piano, ossia a tale distanza, detta "fuoco critico", sarà perfettamente a fuoco e perciò apparirà distinto e nitido nella nostra fotografia. Ciò che invece sarà più lontano o più vicino all'obiettivo rispetto alla distanza di fuoco critico, sarà progressivamente sempre più sfocato fino al punto a diventare indistinguibile. Nella pratica, non è possibile riconoscere il piano di messa a fuoco a occhio nudo. Il passaggio dalla nitidezza alla sfocatura è graduale al punto da formare un'area entro la quale gli oggetti ci sembreranno comunque nitidi, anche se non avranno una messa a fuoco perfetta. Tale area prende il nome di profondità di campo e copre un'ampiezza variabile a seconda della distanza del soggetto dalla fotocamera, della lunghezza focale dell'obiettivo e dell'apertura di diaframma. Giocando sulla profondità di campo si creano effetti creativi molto interessanti e si può trasformare completamente una foto, a parità di soggetto e di condizioni di luce.


Linea di messa a fuoco
La messa a fuoco avviene a una distanza ben precisa rispetto all'obiettivo della fotocamera e tutto ciò che si trova sul piano a tale distanza sarà a fuoco.













La totalità delle fotocamere digitali oggi in commercio esegue la messa a fuoco automatica, regolando l'obiettivo in funzione della distanza di ciò che appare al centro del mirino. In alcuni casi è prevista anche una messa a fuoco manuale, che risulta preziosa in alcune situazioni dove il calcolo automatico può sbagliare: quando la luce è insufficiente per eseguire la misura di distanza in automatico, quando tale calcolo può essere fuorviato dalla presenza di ostacoli tra noi e il soggetto (come quando si fotografa attraverso una cancellata oppure una finestra), quando il soggetto da fotografare è poco contrastato rispetto al resto della scena (un oggetto chiaro su sfondo chiaro o viceversa), quando il soggetto da fotografare si muove rapidamente.
Molte fotocamere segnalano l'incapacità di mettere a fuoco in automatico con una luce lampeggiante oppure con un segnale acustico. A quel punto conviene passare alla regolazione manuale, oppure mettere a fuoco un altro oggetto più illuminato o più contrastato che sia alla stessa distanza dal soggetto della nostra foto e poi spostare l'obiettivo per ricomporre l'inquadratura originale, facendo attenzione a mantenere il tasto di scatto premuto per metà. In tal modo bloccheremo la messa a fuoco appena eseguita e potremo scattare semplicemente premendo il tasto fino in fondo.


Profondità di campo
La profondità di campo si estende per 2/3 oltre la linea di messa a fuoco e per 1/3 nell'area antecedente a quest'ultima.













Messa a fuoco su primo piano con diaframma aperto f/3.3
Qui vediamo come la massima apertura di diaframma con l'obiettivo in posizione tele (massima estensione) riduce drasticamente la profondità di campo, ossia l'estensione della messa a fuoco che si limita ai due soggetti frontali su cui il fuoco è stato impostato.





Messa a fuoco su sfondo con diaframma aperto f/3.3
Qui vediamo la situazione speculare rispetto alla foto precedente. La profondità di campo è ridotta al minimo e il fuoco è centrato sullo sfondo, perciò i soggetti in primo piano appaiono sfocati.







Messa a fuoco su primo piano con diaframma chiuso f/7.5
Qui vediamo che la chiusura del diaframma consente di rendere un po' più inciso lo sfondo, nonostante la messa a fuoco sia sugli oggetti in primo piano.









Messa a fuoco su sfondo con diaframma chiuso f/7.5
Qui vediamo la situazione speculare rispetto all'immagine appena sopra: il fuoco è sullo sfondo, ma il diaframma chiuso, compatibilmente con le capacità di una digitale, rende un po' meglio definiti anche i soggetti in primo piano.






Messa a fuoco intermedia con diaframma chiuso
Disponendo il punto di messa a fuoco in un punto intermedio tra il primo piano e lo sfondo e chiudendo il diaframma il più possibile, riusciamo a mantenere una discreta incisione per entrambi, ancora imperfetta.




 

Solo con il grandangolo tutto è a fuoco
Il massimo della profondità di campo di ottiene allargando l'angolo di visione dell'obiettivo e mantenendo il diaframma chiuso al massimo. Qui vediamo che sia lo sfondo sia il primo piano sono a fuoco.






Il blocco della messa a fuoco automatica (AF lock) è ormai offerto dalla gran parte delle fotocamere digitali, ma passa spesso inosservato poiché non dispone di comando indipendente, ma la sua attivazione è affidata al tasto di scatto che, premuto per metà, fa eseguire alla fotocamera tutti i calcoli necessari allo scatto mantenendoli in memoria fintanto che si mantiene il tasto premuto per metà.
La regolazione manuale del fuoco è invece prerogativa solo di alcune fotocamere e può tornare utile anche nella macro fotografia, ossia quando si fotografano oggetti molto vicini all'obiettivo e avviene i due modi: impostando da menu la distanza di fuoco critico e usando il display vogliamo avere il massimo controllo sulla resa finale dell'immagine. Di solito come mirino di messa a fuoco, che mostra un'immagine sfuocata fino a quando si raggiunge la condizione di fuoco ottimale.

L'uso del fuoco e della profondità di campo sono essenziali per l'esecuzione di ritratti creativi e per fotografare panorami che presentino anche oggetti molto vicini a noi. In condizioni normali, la regolazione automatica del fuoco andrà benissimo e potremo usarla in abbinamento al blocco dell'autofocus (AF lock) per costruire un'inquadratura più creativa. Siamo tutti abituati a vedere ritratti dove il soggetto compare esattamente al centro della scena, come nelle foto usate per i documenti di riconoscimento, e siamo anche consapevoli che questa impostazione risulti alla lunga scontata e piatta. Basta poco per rendere il nostro soggetto più interessante: inquadriamolo al centro per eseguire la messa a fuoco automatica e quindi spostiamolo di lato, ai bordi dell'inquadratura, mantenendo il tasto di scatto premuto per metà così da bloccare il fuoco alla distanza giusta.


LA PROFONDITA' DI CAMPO
 
Dopo l'inquadratura, il secondo elemento creativo importante sta nell'impiego sapiente della profondità di campo.
Si tratta di un'area di dimensioni molto variabili all'interno della quale tutto è a fuoco. La vorremo più ampia possibile nei panorami, così da mantenere nitidi sia lo scenario distante sia gli eventuali oggetti in primo piano, mentre la preferiremo il più ristretta possibile nei ritratti, così da mantenere nitido solo il viso della persona che si contrasta con uno sfondo sfocato che fa da cornice.
Il primo dei fattori che influenzano la profondità di campo è la distanza dell'oggetto dall'obiettivo. Maggiore è la distanza, più ampia sarà la profondità di campo.
Di conseguenza nelle foto panoramiche di oggetti lontani non dovremo preoccuparci di controllare cosa sia o meno a fuoco: basta impostare la messa a fuoco sull'infinito, disattivando così l'autofocus e velocizzando le operazioni di scatto.
Molte fotocamere consentono di selezionare una modalità "panorama", solitamente identificata dall'icona di una montagna, che blocca il fuoco a una distanza infinita (alla massima distanza consentita dall'ottica) e disabilita il calcolo automatico della distanza di messa a fuoco.
Il secondo fatto che influenza la profondità di campo è la lunghezza focale dell'ottica.
Un obiettivo grandangolare, con una lunghezza focale ridotta e con un raggio di visione molto ampio, tenderà ad amplificare la profondità di campo, viceversa un obiettivo tele, con una focale molto lunga e un campo di visione ristretto, ridurrà la profondità di campo.
Ciò si sposa con la prassi di usare il grandangolare per i panorami, dove vogliamo che siano perfettamente a fuoco sia le cose vicine sia gli oggetti lontani, e di usare il tele per i ritratti, così da isolare il soggetto da ciò che lo circonda, lasciando semplicemente una piccola cornice di sfondo, sfocata. Il terzo fattore, il più importante, che regola in proporzione inversa la profondità di campo, è l'apertura di diaframma.
E considerando l'importanza di poter governare il campo di messa a fuoco, numerose fotocamere di fascia medio alta consentono di controllarla a mano, mediante una modalità solitamente contraddistinta dalla lettera A che corrisponde alla modalità di controllo manuale del diaframma.
Aprendo e chiudendo il diaframma noi ridurremo o amplieremo la profondità di campo raggiungendo il risultato creativo che ci siamo prefissi e tenendo a mente che la profondità di campo si estende per 1/3 nell'area che viene prima del soggetto che abbiamo messo a fuoco (più vicina all'obiettivo) e per 2/3 nell'area che viene dopo il piano di fuoco critico (più lontana dall'obiettivo).

Come e perché si forma la profondità di campo ?
Quando si mette a fuoco un punto, esso ha la forma di un minuscolo cerchietto sul sensore o sulla superficie della pellicola. Il nostro occhio ha una capacità limitata di discernere i dettagli e tende a trasformare in punti anche piccoli cerchi che abbiano una circonferenza inferiore a un certo valore denominato "circolo o cerchio di confusione". Storicamente il circolo di confusione aveva un diametro di 0,25 mm per stampe osservate da una distanza di 25 cm, ma con lo sviluppo degli obiettivi a lunga focale e i sempre maggiori ingrandimenti delle foto, lo si considera ora compreso tra 0,20 o 0,33 mm.


Circolo di confusione
Quando un punto non è completamente a fuoco forma un circolo. Se il diametro di tale circolo non supera gli 0,20 o 0,33 mm avremo comunque l'impressione di vedere un punto.



 Diaframma e circolo di confusione
Qui vediamo come un diaframma chiuso al massimo riduce le dimensioni del circolo di confusione.



Diaframma aperto
Ecco la situazione opposta: aprendo il diaframma il circolo di confusione diventa maggiore e più evidente, rendendo l'immagine sfocata.

Il nostro occhio vedrà quindi come puntiforme qualsiasi cerchietto che abbia un diametro inferiore al cerchio di confusione, permettendoci perciò di ampliare l'efficacia della focheggiatura creando l'effetto della profondità di campo, che benché faccia leva sull'apparenza, è molto convincente per stampe di piccolo formato. Naturalmente l'efficacia della profondità di campo diminuisce a mano a mano che aumentiamo la dimensione della stampa prodotta dalla nostra fotografia, perciò teniamone conto nel momento di stampare e chiudiamo il diaframma in proporzione al livello d'ingrandimento atteso.


Foto panoramica
Qui vediamo un panorama cittadino di cui abbiamo messo a fuoco il soggetto sullo sfondo.











Dettaglio
Qui vediamo un dettaglio della stessa immagine scattata con diaframma chiuso (f/7.5) e diaframma aperto (f/2.6). Si nota che la siepe in primo piano e più incisa nel primo caso e diventa relativamente sfocata quando il diaframma viene aperto.




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